di Sandro Usai, CEO Ablativ
La mia passione per la tecnologia, e per l’aiuto che questa può darci per migliorare la qualità della vita, questa volta mi ha regalato una grande opportunità: conoscere i cittadini di Villaspeciosa che hanno aderito al progetto SocialDigì.
Mi hanno chiesto di fare da (anziano) (esperto) per creare momenti formativi capaci di prendere per mano – questo concetto mi piace molto – questa comunità di partecipanti e condurli con attenzione, pazienza, amorevolezza, UMANITÀ, nel mondo digitale che permea la nostra vita in ogni momento della giornata.
Che dire? È una esperienza straordinaria che insieme a Mauro e Silvia ci sta portando a comporre le distanze che riscontriamo tra generazioni che oggi si ritrovano a utilizzare gli stessi strumenti e tecnologie per fruire dei servizi digitali offerti da banche, poste, ospedali, Pubbliche amministrazioni.
Gli “anziani” di Villaspeciosa, che a prima vista possono apparire lontani dalle tecnologie, si stanno dimostrando i migliori maestri. Rafforzati dalla esperienza di vita e dalla saggezza che contraddistingue i loro sguardi e la curiosità che anima la vivacità di ogni incontro, sono capaci di esaltare i processi di apprendimento dimostrando di cogliere anche le criticità presenti nella registrazione ad un sito web o nel tentativo di accedere al sito dell’Ufficio delle Entrate con il sistema SPID o con la CNS.
Il loro senso critico è capace di trovare i problemi di usabilità e quando si lamentano che “non si cumprendidi” oppure “non si biri, e manera de ddu fai pitticcu” hanno ragione.
Poi scoprono che lo SPID è sempre esistito perché l’uomo ha sempre avuto la necessità di dimostrare la sua identità a prescindere dalla società e dai tempi in cui è vissuto.
E se prima bastava chiedere fill’e chini sesi oggi diventa ancora più importante affermare la propria identità per svolgere un servizio o per fruirlo.
Ma la cosa più bella è vedere come le parole gergali, password, user name, nick name, credenziali di accesso, download, e via dicendo man mano che frequentano il corso diventano familiari e trovano una collocazione nel vissuto e nella cultura e nell’esperienza che abbonda in tutti i partecipanti.
Non posso non parlare del senso di comunità che si vive durante gli incontri con le classi composte da 15 partecipanti. I più bravi aiutano gli altri. Si alzano dal loro posto come alunni (in)disciplinati e vanno verso i loro compagni per aiutarli a trovare la soluzione ad un problema o per mostrargli come si fa per inviare una mail o accedere ad un servizio.
Sfotticchi e sorrisi vivacizzano le lezioni mettendo i due giovani tutor sotto pressione. Ma la cosa più bella che si riscontra in ogni incontro è l’UMANITÀ che caratterizza i comportamenti di tutti. Non mancano i momenti delle confidenze e allora scopri i tratti che appartengono ad ognuno di loro con le sofferenze della vita e le malattie che ad una certa età iniziano a manifestarsi.
Grazie a chi ha voluto questo progetto perché ci ha consentito di scoprire come la Transizione digitale può diventare un momento di sviluppo della comunità colmando le necessità di possedere le abilità di base per aumentare l’autostima e la capacità di muoversi nella sfera di internet in totale autonomia. Almeno per le cose di base.